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Il Blog di Team Duemila

Cos'è lo Smart Working e come cambierà la vita per i lavoratori in azienda

Si fa un gran parlare di smart working, il lavoro agile, ma a volte lo si confonde con il "vecchio" telelavoro.

Oppure con il lavoro da mobile, che invece è solo una parte di un concetto che da teoria ed auspicio si sta trasformando in normative e contrattazioni precise. La rivoluzione culturale dell'organizzazione basata sui risultati

Che cos'è lo smart working?

Lo smart working è la nuova rivoluzione culturale dell'organizzazione basata sui risultati. Per applicare efficacemente lo smart working e comprendere il suo spirito è necessario approfondire la materia sotto i profili giuslavoristico e fiscale (per quanto riguarda la contrattazione specifica che inquadra i dipendenti) amministrazione del personale, e, non da ultimo, manageriale (poichè lo smart working non può essere disgiunto da organizzazione delle risorse umane, distribuzione dei compiti e raggiungimento dei risultati prefissati entro le scadenze prefissate).

Un ripensamento dell'organizzazione del lavoro

Infatti, smart working va inteso innanzitutto come un ripensamento complessivo dell’organizzazione del lavoro, perché riguarda la diffusione di modelli manageriali ispirati ai principi della Result Based Organization, basati sull’autonomia e sulla responsabilizzazione sui risultati. Dunque lo smart working non richiama solo i concetti di lavoro da remoto, lavoro da mobile, con l'utilizzo di device, cloud, internet, gestionali, applicazioni, ma soprattutto una svolta culturale, dove fiducia ed elasticità reciproca tra capi e collaboratori, miglior clima aziendale, valorizzazione, ottimizzazione e gratificazione delle persone significano migliori performance. Sono questi i capisaldi dello smart working. Vediamo di seguito alcuni esempi concreti di diverse declinazioni del lavoro agile. 

 

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Lo smart working non è il telelavoro: esempi concreti

Quando si parla di smart working si dà, erroneamente, per lo più risalto al remote working: da casa, da altre sedi aziendali o da spazi di coworking o business center, come succede nel 47% delle grandi imprese.

O, altrimenti, si punta solo sulla riprogettazione degli spazi, utilizzando modelli come quello dell’activity based working e del desk sharing (scrivanie non assegnate, cioè il lavoratore occupa una determinata postazione in aziende solo nel momento in cui essa serve a svolgere una determinata operazione).

Lo Smart Working, invece, va affrontato come un ripensamento complessivo dell’organizzazione del lavoro, perché riguarda anche lo sviluppo parallelo di nuovi strumenti e competenze digitali. È una filosofia di approccio sistemico e integrato che tocca attualmente appena il 9% delle grandi aziende presenti in Italia.

Di recente Vanity Fair ha chiesto ad alcuni manager come le loro aziende stanno praticando lo smart working.

Flessibilità di tempi e luoghi

Cristina Santucci, Coca Cola: "Per Coca Cola smart working significa aver adottato la flessibilità di tempi e luoghi. Da diversi anni i dipendenti Coca-Cola possono avvantaggiarsi di orari flessibili e dal 2013 abbiamo adottato il sistema Work from home (lavoro da casa) in un giorno a settimana a scelta del lavoratore".

Architettura degli spazi aziendali

Matteo Melchiorri, ufficio risorse umane Star: "Abbiamo optato per un ambiente completamente open space, uguale per tutti, senza postazioni assegnate: le persone scelgono ogni giorno dove sedersi, a seconda delle attività che stanno seguendo e delle persone con cui stanno collaborando, indipendentemente dalla funzione aziendale cui appartengono o dalla posizione gerarchica che ricoprono. L’unico elemento assegnato all’individuo è un armadietto per gli oggetti personali, tutto il resto è spazio comune. Abbiamo wi-fi ovunque ed ogni dipendente dispone di un pc portatile di nuova generazione. Inoltre, abbiamo voluto creare un elemento architettonico centrale, l’agorà, che, richiamando l’ambiente familiare di casa, costituisca un naturale punto di incontro, dove le persone possano alternativamente fare una pausa, fare una riunione informale, pranzare insieme o, semplicemente, avere un’occasione di scambio tra colleghi. Per quanto riguarda invece la gestione del tempo, abbiamo deciso di ampliare la flessibilità oraria in entrata e uscita, eliminando, peraltro, la timbratura, all’insegna della fiducia e del senso di responsabilità".

Il ruolo delle tecnologie informatiche

Alla base del successo di progetti di smart working c'è la connessione tra tecnologie digitali e soft skill acquisiti dai lavoratori.

Ormai tutte le aziende si sono dotate di strumenti per la sicurezza e l'accessibilità dei dati da remoto e da vari device, ma spesso il problema è che i dipendenti non sono ancora in grado di utilizzarli efficacemente.

Per questo gran parte delle imprese che hanno affrontato progetti di smart working ha dovuto investire non solo in device e applicazioni, ma anche in una formazione dei dipendenti volta a trasmettere una serie di digital soft skill.

L'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano ha peraltro individuato nuove tecnologie legate allo sviluppo del lavoro agile e non ancora entrare a regime nelle aziende italiane: ad esempio social collaboration (processi che aiutano più persone o gruppi a interagire e condividere le informazioni per raggiungere obiettivi comuni); mobile business app; workspace technology (ad esempio ampio uso di wi-fi in tutti i luoghi dell'azienda o largo ricorso alle videoconferenze).

Un rapporto che va contrattualizzato appositamente

L'Osservatorio smart working ha salutato favorevolmente l'avvento della nuova legge sul lavoro agile entrata in vigore nel giugno del 2017, non solo perché la considera come la più avanzata a livello europeo, ma anche perché avrebbe il merito di togliere alle aziende l'alibi di non avere una normativa in materia.

Il rapporto di lavoro “smart” si basa su un contratto scritto tra le parti, con la possibilità unilaterale di recedere, e può essere a tempo indeterminato o determinato. Qualora il datore di lavoro volesse tornare indietro alla formula lavorativa tradizionale è richiesto un preavviso di almeno 30 giorni (90 se il lavoratore è disabile).

Solo un motivo giustificato permette di recedere senza preavviso dalla modalità di lavoro agile.

Il lavoratore ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello riconosciuto ai colleghi che svolgono le stesse mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. Gli può essere anche riconosciuto il diritto all’apprendimento permanente e alla periodica certificazione delle competenze. Potrà lavorare in parte in azienda, in parte altrove, ma sempre entro gli orari giornalieri e settimanali massimi.

Perciò si parla di "diritto alla disconnessione" per descrivere la parte di accordo scritto in cui si precisano il tempo di riposo del dipendente e le misure tecniche necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dagli strumenti tecnologici di lavoro.

Il datore di lavoro si impegna a consegnare allo smart worker un'informativa annuale nella quale sono precisati rischi per salute e sicurezza. Al dipendente è riconosciuto il diritto alla tutela contro gli infortuni (anche in itinere) e le malattie professionali.

Rimane aperta però la questione delle coperture assicurative visto che, venendo meno il legame fisso con il luogo della prestazione, si pongono problemi sulla responsabilità oggettiva.

Da interpretare poi la questione degli strumenti messi a disposizione dal datore di lavoro, cioè quanti e quali debbano essere a carico di quest'ultimo, e degli strumenti di controllo del dipendente.

 

 

Scritto da Fabrizio Conforti